L’AVVOCATO RISPONDE – Quali sono gli obblighi del proprietario/detentore di un animale? Ce li spiega l’avvocatessa Bernardi

Gli obblighi dei proprietari e/o dei detentori di animali, cari Amici ed Amiche, saranno la nostra tappa di oggi nell’Universo dei nostri compagni di vita. Sebbene il termine proprietari non mi sia gradito, laddove nessuno è “proprietario” della vita altrui, mi trovo costretta ad utilizzarlo poichè, purtroppo, nel nostro Ordinamento gli animali, ovvero quelle meravigliose Creature che ogni giorno ci accompagnano e rendono decisamente migliore la nostra esistenza, sono ancora considerati come res (ovvero cose). Non me ne vogliate, quindi, se ogni tanto verrà utilizzata la parola proprietario. Nelle tappe precedenti ci siamo addentrati nella giungla delle responsabilità, civili e penali, dei Veterinari. Oggi entreremo nella sfera delle responsabilità che gravano sul proprietario, e sul detentore, di un animale.

E’ ovvio per molti, ma purtroppo non per tutti, come coloro che possiedano e/o detengano un animale siano responsabili della sua salute e del suo benessere, comportando ciò che è loro preciso dovere fornire cibo e acqua in quantità sufficiente, assicurargli le necessarie cure sanitarie, la possibilità di movimento ed esercizio fisico, l’obbligo di farli socializzare e di occuparsi della pulizia degli spazi di dimora, garantire la tutela di terzi da aggressioni e prendere ogni possibile precauzione per impedirne la fuga. Accortezze ed attenzioni che dovrebbero essere normali quando si tratta di prendersi cura di una vita, ma che, come anzidetto, non sempre lo sono. Ogni giorno capita, infatti, di leggere di animali scappati (e spesso rinvenuti deceduti), di animali aggrediti e/o che aggredisco, di animali rinvenuti a seguito di segnalazioni in condizioni ignobili e detenuti nel mancato rispetto di ogni previsione normativa, di animali deceduti per omesse cure e/o incuria. E chi più ne ha più ne metta.

Una casistica variegata, una piccola grande galleria degli orrori che dimostra come l’amore e la cura verso i nostri compagni di vita non siano sempre avvertiti nella misura dovuta e, cosa ancor più grave, nella modalità che a prescindere da ogni Legge, e/o disposizione normativa, dovrebbe essere dedicata ad un essere vivente. La normativa nazionale e regionale per la prevenzione del randagismo richiede obbligatoriamente l’iscrizione in anagrafe degli animali d’affezione, in conformità alle disposizioni adottate dalle singole Regioni, per tutti i cani, i gatti e i furetti, per i quali si richiede il passaporto europeo. Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003, che ha recepito l’Accordo Stato-Regioni recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy, ha stabilito il principio in base al quale chiunque conviva con un animale da compagnia o abbia accettato di occuparsene è responsabile della sua salute e del suo benessere e deve provvedere alla sua sistemazione e fornirgli adeguate cure ed attenzioni, tenendo conto dei suoi bisogni fisiologici ed etologici secondo l’età, il sesso, la specie e la razza.

L’Ordinanza del Ministero della Salute del 6 agosto 2013 concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani, ha imposto le misure che il proprietario e il detentore di un cane devono adottare ai fini della prevenzione di danni o lesioni a persone, animali o cose. Gli artt. 544 bis e ter , 672, 727 del Codice Penale, tanto per menzionarne alcuni dei più noti, contemplano e puniscono rispettivamente l’uccisione ed il maltrattamento di animali, l’omessa custodia ed il malgoverno. E si potrebbe proseguire all’infinito, passando dalle Leggi Nazionali, alle Normative regionali ai Regolamenti Comunali, ma più che excursus normativo è forse più utile fare una breve panoramica delle sentenze che hanno sanzionato il mancato rispetto di ciò che nel gergo comune e nel linguaggio del cuore e dell’affezione si chiama amore.

E’ ormai consolidato come il non prestare ad un animale le cure veterinarie di cui ha bisogno integri il reato di maltrattamento. Copiose ed univoche le sentenze in proposito: la Cassazione penale nel 2019 ha confermato la condanna emessa dalla Corte d’Appello al pagamento della multa di 10.000 euro ad un soggetto che aveva omesso di prestare le necessarie cure al suo cane, accettando il rischio dell’aggravamento della malattia di cui era affetta con conseguente protrarsi delle sofferenze da questa generate. Per il Supremo Collegio la condotta del proprietario del cane ha integrato gli estremi del reato di maltrattamento di cui all’art. 544 ter cp da leggersi in combinato disposto con l’art. 582 cp, laddove l’omissione delle cure adeguate e necessarie aveva determinato un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, era comunque diretta e manifesta conseguenza della una condotta volontaria omissiva.

Nel 2012 la Suprema Corte, con una sentenza ripresa anche da altre decisioni emesse nel 2015 e 2016, ha affermato come Costituiscono maltrattamenti, idonei ad integrare il reato di abbandono di animali, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali per la loro manifesta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità psico-fisica degli stessi, procurando loro dolore e afflizione. Il reato di cui all’art. 727 c. p. è senz’altro integrato dalla detenzione degli animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze e comunque incompatibili con la loro natura. Recentemente ampia e vasta, ahinoi, è la casistica di maltrattamento perpetrato in danno di animali detenuti perennemente sul balcone, spesso senza riparo, acqua e cibo e per i quali, fortunatamente, sono proliferati i decreti di sequestro da parte della Magistratura investita del caso specifico.

E la condotta omissiva (ovvero quella contraddistinta dal non fare) è idonea ad integrare fattispecie di reato e/o delittuose tanto quanto la condotta commissiva (ovvero quella contraddistinta dal fare), significando ciò come gli obblighi che gravano sul proprietario e/o detentore di un animale possono avere mille sfaccettature ed estrinsecarsi in altrettante modalità. Nel 2016 La Cassazione ha condannato il detentore di un Pastore Tedesco per avergli così causato gravi sofferenze avendolo tenuto lontano dalla sua abitazione, in solitudine e in cattive condizioni di salute, come emerso dal processo di primo grado dalle testimonianze: il cane non si reggeva sulle zampe, presentava lesioni e altre patologie. La responsabilità del reo, nella fattispecie, si fonda sul fatto che l’imputato deteneva il Pastore Tedesco in luogo distante dalla propria abitazione, quindi “con poche occasioni di stare in sua compagnia”, e “in condizioni di saluta precarie e sicuramente produttive di sofferenza fisica per l’animale, non curandosi adeguatamente dello stesso, tanto da non essersi nemmeno accorto della sua situazione fisica”. I Giudici hanno quindi ribadito come tenere un animale isolato ed in solitudine sia reato. Isolamento sociale di un animale come reato in quanto modalità di detenzione contrastante con la natura sociale e socievole dell’animale, specie se cane e/o gatto, ed idonea a causare nel piccolo stress, frustrazione, depressione ed altre patologie che ne minano la salute ed il benessere.

Nel 2006 un Tribunale del Nord Italia ha emesso sentenza di condanna nei confronti di un uomo che deteneva un cane di grossa taglia in un’area non pulita e inadeguata per dimensioni, senza fornirgli cibo ed acqua anche per giorni. L’animale presentava lesioni da decubito causate dal doversi sdraiare e sedere sul cemento, senza cucce o altra protezione Gli animali non sono giocattoli, non sono gadget da regalare e di cui poi disfarsi perché sporcano, mangiano mobili o abbaiano o miagolano oppure perchè richiedono cure. Sono esseri viventi e senzienti, con bisogni e necessità come tutti noi e dei quali chi li possiede, e/o detiene, ha il preciso obbligo di occuparsi. Se non avete tempo o voglia di amarli come è dovuto e come meritano non prendeteli con voi. Ve ne saranno grati. E noi con loro.

Giada Bernardi, avvocatessa

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