L’AVVOCATO RISPONDE – L’Eutanasia nei quattro zampe

Nuovo appuntamento su Tesori a quattro zampe con la rubrica settimanale L’AVVOCATO RISPONDE, a cura dell’avvocatessa Giada Bernardi. Oggi parliamo di Eutanasia nei quattro zampe. E’ tornato alla ribalta, nelle ultime settimane, il tema dell’eutanasia degli animali a seguito della discussione in Campidoglio del “Regolamento capitolino per la “Tutela ed il Benessere degli Animali” del 2018.

Il Regolamento in esame non menzionava affatto un ritorno della pratica dell’eutanasia, ma prevedeva come gli animali ospitati nei canili e nei rifugi pubblici e/o privati convenzionati, quando “… dichiarati da una commissione medico veterinaria non più curabili, ma in grado di condurre una vita dignitosa, in alternativa alla soppressione possono essere affidati alle associazioni che ne facciano richiesta e siano in grado di gestirli purchè non vi sia accanimento terapeutico per gli stessi animali”. Le parole (orribili) “in alternativa alla soppressione” hanno con altissima probabilità indotto –chissà per quale ragione – il giornalista a ritenere che l’eutanasia potesse nuovamente essere applicata e sono state la causa di un vero e proprio tam tam che ha propagato la notizia – non corretta – dai Social ai WhatsApp in un nanosecondo, con tutte le ovvie conseguenze. NON torna, quindi, l’eutanasia, che ormai già da molti anni vietata per i randagi e per gli animali ospitati nei canili e/o nei rifugi convenzionati e che può per legge essere praticata solo se inevitabile e, soprattutto, nell’interesse dell’animale. La Legge n 281/91 all’art. 2 prevede tre sole fattispecie in cui la soppressione è legale e consentita, ovvero quando l’animale sia malato incurabile, gravemente malato o di comprovata pericolosità.
La comprovata pericolosità trova ragione nell’art. 672 cp, rubricato “omessa custodia e malgoverno degli animali” e nel Regolamento di Polizia Veterinaria ( approvato con DPR 320 del 1954) agli artt. 86, 87 e 91 e a riferimento ad animali che abbiamo contratto una malattia infettiva, come un’infezione rabica, o che siano stati morsi da questi. Ancora, la comprovata pericolosità può insorgere, ed è fattispecie comune, in caso di morso o di aggressione. In questa ipotesi i servizi veterinari dovranno effettuare una precisa valutazione in ordine alle caratteristiche dell’animale ed imporre al proprietario e/o detentore apposite prescrizioni, e, se del caso, attivare un percorso di recupero comportamentale da parte di esperti (educatori, comportamentalisti, etc) con valutazione finale e dei risultati e della capacità del proprietario. Qualora il cane all’esito della trafila di cui sopra venga ritenuto di “comprovata pericolosità”, oltre ogni ragionevole dubbio, passando ancora per un ulteriore iter burocratico specifico, potrà essere praticata l’eutanasia o la detenzione dell’animale in strutture adeguate.
E’ d’obbligo precisare, comunque, come gli animali pericolosi devono essere comunque tenuti sotto osservazione e non debbano essere soppressi se il loro mantenimento in vita può essere assicurato senza pericolo. Un animale gravemente malato è un soggetto affetto da una severa alterazione patologica cui l’organismo non sa reagire, quali malattie terminali, progressivamente debilitanti ed irreversibili. Non rientrano in questo caso animali con malattie croniche che possono essere tenute a bada da adeguata terapia farmacologica. Un animale incurabile è quello che presenta una grave compromissione del proprio stato di salute e versi in condizioni di grave sofferenza, non suscettibili di guarigione, con impraticabilità ed inutilità di qualsiasi trattamento terapeutico. Tanto nel secondo che nel terzo caso la valutazione in ordine all’entità delle sofferenze, alla tipologia della malattia ed all’eventuale opportunità di addormentare per sempre il nostro fedele amico devono essere rimesse alla valutazione di un Medico Veterinario, e non già – come spesso accade – all’egoismo di chi nella malattia di chi con amore gli è stato accanto tutta la vita non ha tempo né voglia di prendersene cura.
Tanto per essere chiari con quelli, e purtroppo ci sono, che ritengono che l’eutanasia si possa praticare a richiesta di parte: Il proprietario di un animale, quindi, a meno che non si ricada in una delle tre ipotesi esaminate non può richiedere al veterinario la soppressione, né il veterinario effettuarla su richiesta del proprietario. E’ dovere del Veterinario a fornire al proprietario dell’animale ogni elemento e strumento utile per decidere con consapevolezza e responsabilità (il cd consenso informato), analizzando i motivi della scelta prima di arrivare alla soppressione) ed illustrare con chiarezza i motivi per i quali l’eutanasia è la soluzione, purtroppo, unica per il bene del nostro amico. L’ eutanasia di un animale è legale, quindi, solo qualora ci si trovi in una delle tre ipotesi sopradescritte ed è pratica giustificata solo se risultato della valutazione consapevole delle circostanze e responsabilità che la motivano e delle sue conseguenze psicologiche (emotività e lutto del proprietario) e materiali (soppressione indolore e sistemazione dell’animale soppresso). E, non ci si stancherà mai di ripeterlo, se fatta nell’interesse dell’animale affinchè abbiano fine le sue sofferenze. In materia di eutanasia molteplici sono le normative a cui poter fare riferimento:
– La Legge Quadro 281 del 14 Agosto 1991 che all’art 2 prevede” I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1 dell’articolo 4, non possono essere soppressi”
– La Circolare n. 9/92 del Ministero della Sanità secondo la quale «è vietata la soppressione di cani se non in casi particolari e giustificati»
– Legge n. 189/04, che ha inserito nel codice penale i reati contro il sentimento degli animali, tra cui gli artt. 544 bis e ter cp, e che punisce qualsiasi uccisione degli animali provocata per crudeltà o in assenza di necessità ( come è, appunto, un’eutanasia priva di giustificazione e/o ragione)

– La Convenzione Europea degli animali da compagnia (Strasburgo 1987 ) che disponendo espressamente in ordine alla metodologia da utilizzare per l’eutanasia prevede come ” ogni uccisione deve essere effettuata con il minimo di sofferenze fisiche e morali in considerazione delle circostanze. Il metodo prescelto, tranne che nei casi di urgenza, deve sia indurre una perdita di coscienza immediata e successivamente la morte; sia iniziare con la somministrazione di un’anestesia generale profonda seguita da un procedimento che arrechi la morte in maniera certa.[…] vietato […] l’utilizzazione di qualsiasi veleno o droga di cui non sia possibile controllare il dosaggio e l’applicazione in modo da ottenere gli effetti di cui sopra”

Giada Bernardi, avvocatessa

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